LA STRUTTURA INTERNA DELLA TERRA

Lo studio della composizione e della struttura interna del nostro pianeta non è possibile effettuarlo tramite un approccio diretto considerate le profondità , le pressioni e i mezzi tecnologici di cui possiamo disporre, quindi tutte le numerose nozioni ed informazioni in possesso dell’umanità provengono essenzialmente da studi indiretti tramite discipline particolari come ad esempio la sismologia. Ad oggi la perforazione più profonda effettuata dall’essere umano si aggira intorno ai 12 km situata a Kola in Russia (1984). Possiamo ricavare informazioni importanti sulle parti più interne della terra anche tramite l’analisi delle rocce affioranti che possono talvolta indicare situazioni particolari come zone di formazione ubicate a grande profondità ,come ad esempio nel mantello, che tuttavia vengono portate in superficie tramite processi di erosione e  sollevamento isostatico.

Una prima considerazione può essere fatta nei riguardi della densità media terrestre che ha valore di 5,52 g/cm^3 , confrontando questo valore medio riferito all’intera massa terrestre con i valori di densità della crosta terrestre troviamo una differenza considerevole , infatti il valore di densità crostale ammonta a 2,7 g/cm^3. Tale fatto testimonia un crescere della densità procedendo verso l’interno del pianeta ( come infatti ci si attenderebbe con il constatato aumento di pressione ).  Tuttavia questo incremento di densità con la profondità sembra non avvenire in modo graduale e costante , piuttosto sembra eseguire dei “salti” in corrispondenza di alcune note profondità.

Per spiegare e comprendere a pieno la conformazione interna del pianeta e la variazione della sua densità venne in aiuto una disciplina che segnò un punto di svolta , assicurando dati affidabili e aggirando i problemi tecnici e tecnologici che rendevano inapprocciabile il problema in modo diretto, tale branca scientifica è definita sismologia.  La sismologia si occupa dell’interpretazione delle onde sismiche al fine di definire composizione , densità , giacitura e struttura delle compagini rocciose sia in scala locale e regionale sia a livello globale. Le onde di qualsiasi genere possono essere interpretate come una tipologia di trasferimento di energia e nella geofisica possiamo distinguere varie categorie di onde , una prima distinzione viene fatta tra onde superficiali e onde di volume . Quest’ultime possiamo dividerle ulteriormente in ONDE P (prime) che presentano una deformazione compressiva concordante con la direzione di propagazione e che sono in grado di propagarsi anche nei fluidi , e in ONDE S ( seconde) che invece possiedono caratteristiche di deformazione trasversale non concordante con la direzione di propagazione dell’onda e che non si propagano nei fluidi.

Come tutte le onde anche queste sono soggette a fenomeni di deviazione, rifrazione , diffrazione e riflessione  che hanno permesso di captare anomalie strutturali nelle profondità del nostri pianeta. Infatti tramite gli studi effettuati sulla propagazione delle onde p si constatò che dal punto di emissione ( epi-ipocentro) tali onde scomparivano tra i 103° e i 143° di arco terrestre creando cosi una zona d’ombra in cui non venivano registrate per poi essere di nuovo captate più oltre anche se rallentate. Una spiegazione per tale fenomeno era quella che in profondità presso i 2900 km le onde P incontrassero una discontinuità che comportava episodi di rallentamento e rifrazione delle onde. Le onde s invece non compaiono nelle registrazioni al di là dei 103° testimoniando l ‘esistenza al di sotto dei 2900 km di un comparto liquido responsabile della rifrazione e rallentamento delle onde p e della scomparsa totale delle s. Successivamente intorno ai 5000 km di profondità si riscontra un incremento di velocità delle onde p registrato nel 1936 ( Lehmann ) che testimoniava un ulteriore disomogeneità all’interno del pianeta dovuta ad un diverso stato fisico della materia che probabilmente tornava ad essere solida. Tuttavia nella regione d’ombra delle onde p fu possibile registrare onde che presentavano ritardi significativi e che derivavano da più rifrazioni e viaggi più in profondità all’interno della terra. Tutti questi dati portarono alla formulazione di una teoria che prevedeva l’esistenza di un nucleo solido interno circondato da un nucleo liquido esterno. L’interpretazione delle onde registrate tuttavia presenta notevoli difficoltà e complessità poiché i fenomeni di rifrazione e riflessione possono essere molteplici , fu quindi istituita una nomenclatura che potesse rispecchiare l’itinerario effettuato da una particolare onda , infatti vennero utilizzati : il termine K che rappresentava i fenomeni di rifrazione e quindi di attraversamento del nucleo, ed il termine c che invece rappresentava la riflessione delle onde.

L’avanzare dell’utilizzo della sismologia portò quindi ben presto alla rivelazione delle discontinuità più significative all’interno del pianeta blu , prima tra tutte la discontinuità di Mohorovicic detta MOHO messa in evidenza nel 1909 . In corrispondenza di questa discontinuità le onde p subivano un incremento significativo della velocità di propagazione che delineò la linea di demarcazione tra crosta terrestre e il mantello sottostante. La profondità di questo limite varia da 5 km ( nei pressi dei fondali oceanici) a 70 Km ( in corrispondenza dei rilievi ). Le altre discontinuità precedentemente descritte vennero quindi denominate con i nomi : discontinuità di Gutenberg a 2900 Km  ( mantello-nucleo esterno) e discontinuità di Lhemann 5155 Km( nucleo esterno – nucleo interno ).

VELOCITÀ DELLE ONDE SISMICHE

Scriviamo ora le formule riguardanti la velocità delle onde p e delle onde s

Vp= √(4/3 μ + k) / ρ                                Vs = √μ/ ρ

In queste equazioni compaiono le seguenti variabili :

μ = rappresenta il modulo di rigidità , ovvero il rapporto tra sforzo e deformazione trasversale

K = rappresenta il modulo di compressibilità , ovvero il rapporto tra pressione e densità

ρ = rappresenta la densità del mezzo

Per quanto riguarda la distribuzione della velocità delle onde P essa nel mantello varia da 8 Km/s a 13,8 Km/s alla base , all’interno di questo involucro troviamo tuttavia un piccolo range in cui le velocità rallentano che va da 50 a 150 km fino a 220 km ed è detta come zona di bassa velocità. A 2900 km abbiamo un’improvvisa diminuzione in cui la Vp scende al valore di 8 km/s per poi risalire a circa 11.4 Km/s nel centro del pianeta. Il brusco calo al limite mantello nucleo si spiega considerando che nell’equazione di Vp, μ si annulla nel nucleo esterno liquido. Il cambiamento di stato fisico è quindi il responsabile della diminuzione di Vp nonostante l’aumento di densità

Per le onde S invece abbiamo una velocità nel mantello che varia da 4,5 km/s a 7 Km/s per poi scomparire nel nucleo esterno liquido. All’interno del nucleo interno solido Vs non supera i 4 km/s.

la distribuzione dei moduli di elasticità μ e K può essere dedotta dalla densità e dalla velocità delle onde.  Possiamo dire che la rigidità μ aumenta nel mantello fino ad annullarsi nel nucleo esterno liquido. Per quanto concerne K abbiamo invece un aumento costante con notevoli incrementi con la profondità.

IL NUCLEO TERRESTRE

Il nucleo si estende da circa 2900 Km di profondità fino al centro del pianeta , il suo raggio è pertanto di 3470 Km . Ha un volume pari al 16 % del volume terrestre e una massa del 31 % . In esso ,più precisamente nella parte esterna, ha origine il geomagnetismo. Una prima considerazione può essere effettuata analizzando le sideriti ovvero le meteoriti ferrose , infatti per analogia si può ipotizzare un chimismo simile anche nel nucleo terrestre che prevede presenza di Fe e Ni . Il  nucleo esterno deve contenere oltre ferro e nichel anche elementi più leggeri in accordo con le considerazioni sulla distribuzione della densità e da studi sul comportamento del ferro ad elevate pressioni. Tali elementi più leggeri potrebbero essere identificati con ossigeno e zolfo.  In percentuali si può ipotizzare una tale composizione :

2% Ni

15% O e S

83% Fe

Il nucleo interno sarebbe invece costituito da una mescolanza di Fe e Ni (20%), vicino al punto di fusione. L’analisi dei sismogrammi mostrarono anomalie comportamentali delle onde P rispetto alla direzione di provenienza , infatti le onde direzionate con orientamento nord-sud risultano più veloci rispetto a quelle con orientazione est-ovest, tale fenomeno potrebbe essere spiegato con un modello di iso-orientazione dei cristalli di ferro.

IL MANTELLO TERRESTRE

Il mantello terrestre costituisce la porzione più grande del nostro pianeta sia in volume che in massa, dalla crosta e dal nucleo lo separano la Moho e la discontinuità di Gutemberg. La composizione petrologica del mantello si basa essenzialmente su peridotiti e quindi su ricce mafiche con presenza di olivina  e serpentino . I riscontri petrografici sono stati effettuati grazie a camini kimberlitici in cui è possibile analizzare intrusioni provenienti dal mantello in cui sono stati riscontrate rocce ultramafiche con presenza di granato e olivina serpentinizzata. Altre analisi possono essere effettuate negli xenoliti vulcanici ultrabasici . In sostanza xenoliti kimberlitiche e basaltiche sembrano favorire una natuira in prevalenza peridotitica della parte superiore del mantello.

Il mantello superiore =

I dati oggi in nostro possesso vertono a indicare una composizione a lherzolite ovvero una peridotite ricca in olivina e pirosseni con presenza di granato , spinello e plagioclasio. Tuttavia gli studi sulla composizione del mantello sono tutt’oggi in corso e presentano numerose teorie ed adattamenti. Ricordiamo che in questa porzione del mantello ritroviamo la zona di bassa velocità in cui le onde P e soprattutto le S vengono attenuate , una spiegazione del fenomeno prevede la presenza di materiale parzialmente fuso , a sua volta dovuta all’abbassamento del punto di fusione della peridotite ad opera di H2O e CO2 fuoriuscite da minerali idrati. La parte superiore di questa zona di bassa velocità sembra coincidere con il livello sul quale abbiamo il movimento delle placche secondo la tettonica e che assume l’appellativo di litosfera ( crosta + una minima parte superficiale di mantello) al di sotto della quale ritroviamo l’ Astenosfera più calda è plastica comprendente la zona di bassa velocità e una porzione di mantello sottostante. Procedendo verso il basso abbiamo si riscontrano altre discontinuità od anomalie tutt’oggi molto discusse e che derivano non solo da cambiamenti composizionali ma anche da cambiamenti di fase mineralogica , infatti con uno stesso chimismo ma al variare delle condizioni di pressione e temperatura possono verificarsi fenomeni di riassetto del reticolo cristallino , ad esempio intorno ai 410 Km abbiamo la formazione dello spinello con 1500°C mentre a 660°C abbiamo la formazione di perowskite .

il mantello inferiore =

Al di sotto di questa zona di transizione abbiamo quindi una forte presenza di Perovskite nel mantello inferiore che rappresenta l’involucro più voluminoso del pianeta , questo fa della perovskite il minerale più diffuso del pianeta , inoltre ritroviamo ossidi di ferro e di magnesio e probabilmente procedendo verso il centro si ha un incremento in percentuale di ferro. Alla transizione mantello-nucleo troviamo uno strato detto STRATO D ” che presenta anomalie importanti sia per Vp e Vs , questo strato ha spessore variabile fino a 300 Km ed in esso il materiale fuso si infiltra negli spazi intergranulari delle rocce del mantello sovrastante dando origine a reazioni chimiche coinvolte nei movimenti convettivi del mantello. Si ritiene infatti che dallo strato D possano innalzarsi pennacchi o plumes che arrivando fino alla sommità del mantello formano punti caldi , inoltre tale strato viene studiato per il coinvolgimento che ha sulle nutazoni dell’asse terrestre e sul geomagnetismo.

 

 

LA CROSTA TERRESTRE

La crosta terrestre rappresenta lo strato più superficiale del nostro pianeta ed anche il più sottile , infatti presenta solo lo 0,4% della massa totale del pianeta. Possiamo suddividere questo involucro in due tipologie : la crosta continentale più spessa e meno densa , con uno spessore che varia dai 30 ai 50 km fino ad arrivare a picchi massimi di 70 km nei massimi rilievi , e la crosta oceanica che invece ha uno spessore di 5-15 km e presenta una densità superiore. Come già citato in precedenza il limite inferiore di tale involucro è rappresentato dalla MOHO che tuttavia non ha un valore fisso di profondità ma si adatta alle condizioni locali secondo i principi dell’isostasia. Per indagare nella crosta terrestre e controllare fenomeni importanti alle attività umane, come ad esempio lo sfruttamento delle risorse petrolifere, sono state messe a punto varie tecniche sismologiche ,come la sismica a rifrazione o quella a riflessione , in cui vengono studiati i tempi di arrivo delle varie onde causate sia in modo naturale sia indotte tramite esplosioni o masse battenti.

crosta continentale =  rappresenta circa il 41 % della superficie terrestre e per il 29% è sommersa , questo indica che il termine continentale non deve far pensare alle sole terre emerse bensì anche a porzioni o microcontinenti inondati dalle acque. Lo spessore medio di questo strato è di 36 Km e la sua densità si aggira attorno al valore di 2.8 g/cm^3 . Ritroviamo uno spessore anche di un paio di Km di copertura sedimentaria , mentre nelle zone più continentali e nelle aree cratoniche ritroviamo una composizione petrografica granitoide . In alcune aree possiamo rinvenire la discontinuità di Conrad che segna la separazione tra la crosta superiore ed inferiore in cui troviamo una transizione da una composizione granitica a una metamorfica  con facies ad anfiboliti, granuliti ed eclogiti .

crosta oceanica = immaginando un bacino oceanico abbiamo un primo spessore costituito da sedimenti molto fini come argille o silt , al di sotto di questi ritroviamo rocce magmatiche basaltiche messe in posto in strati o a “pillows” , inferiormente abbiamo un ampio strato a gabbri che sovrasta il mantello superiore a composizione peridotitica. Tale modello litosferico oceanico viene detto modello ofiolitico poiché in accordo con le serie ofiolitiche rinvenibili in ambiente orogenetico.Una serie ofiolitica tipica e completa comprende quindi uno strato superficiale di sedimenti profonde con argilliti e ossidi di ferro e manganese oltre che radiolariti , seguiti poi da basalti a pillow , successivamente si riscontrano dicchi tabulari e i sottostanti gabbri . Il termine ofiolitico si riferisce alla colorazione simile a quella di un serpente , tali seria occupano uno spessore di 2-4 Km .