PAPAVERACEAE

La famiglia Papaveraceae è composta da erbe, o arbusti a legno tenero, molto diffuse nelle regioni temperate di tutto il mondo. Una caratteristica riscontrabile nei rappresentanti di questo gruppo è la presenza di canali laticiferi che secernono lattice bianco (talvolta color crema o con colori più accentuati) in cui si rinvengono vari alcaloidi. Le foglie hanno disposizione alterna e spiralata e spesso sono lobate o settate, con nervatura più o meno penninervia. I fiori si presentano attinomorfi (a volte zigomorfi) ed ermafroditi. I 2 o 3 sepali sono liberi, grandi e prima dell’antesi avvolgono completamente il boccio per poi cadere precocemente. I petali sono generalmente 4, talvolta 6, liberi e con colorazione molto vivace. Gli stami sono molto numerosi e connati in gruppi di tre mentre i carpelli variano da un numero di due fino a molti, tutti connati e con ovario supero a placentazione parietale. Il frutto è rappresentato da una capsula ben evidente.

GENERE Papaver

Il genere Papaver annovera molte delle specie più note tra cui Papaver rhoeas L. che colora gli incolti e le praterie mediterranee di un caratteristico colore rosso nei mesi estivi.

Franz Eugen Köhler, Köhler’s Medizinal-Pflanzen, Public domain, via Wikimedia Commons

Per quanto concerne l’etimologia della parola Papaver essa risulta di dubbia provenienza, infatti le radici latine e celtiche (Papaver, Papa = Pappa) sembrano essere collegate con il termine italiano pappa, probabilmente correlato ad una possibile introduzione nell’alimentazione infantile con lo scopo di favorire il sonno. Tuttavia la possibile provenienza araba tramite il termine “Papambele”, o sanscrita “Papavara”, ci indica la presenza di un “succo pernicioso” riferendosi alle ingenti quantità di lattice prodotte dagli appartenenti al genere. Il termine “Rhoeas” invece potrebbe essere etimologicamente collegato al termine greco “Rheo” (scorre via) che indica la facilità con cui i petali caduchi possono essere trasportati via dal vento. Dal punto di vista biologico la specie si presenta come una terofita scaposa presente in tutto il territorio nazionale in un range altitudinale che va approssimativamente dal livello del mare ai 1900 m.l.m. Gli habitat prediletti sono gli incolti, i bordi di strade e ferrovie ed in genere tutti gli ambienti ruderali. Tali preferenze rendono Papaver rhoeas L. una specie fortemente sinantropica.

La pianta presenta una radice a fittone di colore chiaro su cui si erige un fusto ramificato e setoloso alla cui base è presente una rosetta basale composta di foglie composte ed irsute, pennato-partite, in cui ogni fogliolina si presente lanceolata con margine dentato. Mentre le foglie cauline si presentano di dimensioni ridotte, portanti due lacinie basali e con una conformazione più triangolare.

 

Foglie di Papaver rhoeas L.

I fiori sono solitari e portati in posizione apicale su uno stelo pubescente, presentano 4 petali di color rosso vivo con macule nere nella parte più interna, che prima dell’antesi si ritrovano rattrappiti nel boccio pendulo composto dagli unici due sepali. Il gineceo si compone di un ovario supero che a maturità darà vita ad una capsula sormontata da uno stigma con caratteristica forma stellata (Cerazio).

Bottone fiorale, fiore e frutto di Papaver rhoeas L (AlvesgaspaAlvesgaspar, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, attraverso Wikimedia Commons)

L’ androceo si compone di numerosissimi stami di colore scuro che circondano il carpello. Il numero di semi portati dal frutto risulta essere davvero ingente, infatti in media un singolo esemplare è in grado di disperdere dai 10000 ai 20000 semi in grado di rimanere vitali per 40 anni.

Semi di Papaver argemone L.

Nonostante la specie cresca spontanea nella penisola italiana e viene indicata come indigena, il Pignatti mette in evidenza la stretta relazione con la flora subdesertica dell’Iran e del Pamir, zona da cui provengono i frumenti coltivati. È possibile quindi ipotizzare una possibile introduzione antropica di vecchia data, causata dall’importazione di cereali coltivati ed assieme ad essi di semi appartenenti al genere Papaver, il che renderebbe la specie una Archeofita casuale.

Lo stesso Pignatti inoltre distingue la sottospecie rhoeas con macchie nella porzione basale dei petali dalla sottospecie strigosum in cui tali macchie non sono presenti.

 

Papaver rhoeas subsp. rhoeas (Alvesgaspar, CC BY-SA 3.0, attraverso Wikimedia Commons) e Papaver rhoeas subsp. strigosum (Foto di Marinella Zepigi, https://www.floraitaliae.actaplantarum.org/download/file.php?id=57736Marinella Zepigi)

Dal punto di vista officinale la specie presenta qualità astringenti, sedative, antispastiche, antinfiammatorie ed espettoranti. È possibile riscontrare una vasta gamma di alcaloidi ancora oggetti di studio come la readina o la morfina. In passato i petali venivano utilizzati in cosmesi per la presenza di antociani rosso vivo da cui si estrae una tintura. I semi vengono spesso utilizzati a scopo edule nella panificazione ed in pasticceria.

Altra specie interessante all’interno dello stesso genere è Papaver somniferum L.

 

Papaver somniferum L. (Franz Eugen Köhler, Köhler’s Medizinal-Pflanzen, Public domain, via Wikimedia Commons; Louise Joly, one half of AtelierJoly, CC BY-SA 1.0, via Wikimedia Commons)

Detto anche papavero da oppio, il Papaver somniferum L. possiede dimensioni maggiori rispetto al P. rhoeas L., inoltre la colorazione dei petali risulta andare dal rosato al viola (raramente rosso). Le foglie basali si presentano oblunghe con segmenti acuti, mentre le foglie cauline si presentano cordato-amplessicauli, con margine sinuato dentato e di aspetto ceroso.

Foglie di Papaver somniferum L. (Magnus Manske, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons)

La specie in questione è diffusa su tutto il territorio nazionale in un range altitudinale che va dal livello del mare ai 1500 m.l.m., l’antesi avviene tra i mesi di maggio e giungno. L’epiteto specifico Somniferum proviene dal latino e precisamente dalle parole Somnium = sonno e Fero = porto, facendo intendere le proprietà altamente narcotizzanti della pianta. Infatti è possibile ricontrare una vasta gamma di alcaloidi, tra cui tra cui morfina, codeina, papaverina, tebaina e noscapina che conferiscono alla specie il titolo di entità tossica officinale. Infatti la morfina rappresenta un potentissimo antidolorifico ed anestetizzante utilizzato in medicina, che porta rapidamente all’assuefazione. La codeina rafforza le proprietà anestetizzanti di altri antidolorifici e viene spesso utilizzata insieme alla noscapina come calmante della tosse. La papaverina invece possiede proprietà antispastiche che la rendono utile nei casi di spasmi dell’apparato gastrointestinale o epatobiliare. Tali sostanze possono essere isolate dall’essudato, raccolto tramite l’incisione delle capsule mature, che prende il nome di oppio. L’utilizzo dell’oppio come farmaco possiede radici molto antiche, tanto da essere riportato nella civiltà sumera in tavole sotto l’ideogramma “Hul Gil” ovvero pianta della gioia.

    

GENERE Glaucium

Altro genere di notevole importanza e di facile riconoscimento è il genere Glaucium nel quale troviamo una specie molto presente in Italia: Glaucium flavum Crantz.

       

Glaucium flavum L. (Biodiversity Heritage Library)

È possibile rinvenire questa specie in prossimità delle spiagge e in contesti xerici, da ciò deriva anche il nome comune di papavero delle sabbie. Le foglie della rosetta basale si presentano brevemente picciolate, pennatosette con margine variamente ondulato e molto tomentose, mentre quelle cauline sono sessili e di dimensioni ridotte rispetto alle prime. il fusto se lesionato provoca la produzione di un lattice giallo. L’infiorescenza terminale si compone di un unico fiore di colore giallo molto simile ai già descritti Papaver. Il frutto è una capsula cilindrica ed allungata (siliquiforme) molto peculiare.

 

Anche questa specie annovera numerosi alcaloidi alcuni dei quali in grado di avvelenare il corpo umano e causare allucinazioni visive.

GENERE Chelidonium

Sempre all’interno della sottofamiglia Papaverideae troviamo il genere Chelidonium che in Italia annovera solo Chelidonium majus L.

  

Chelidonium majus L. (Franz Eugen Köhler, Köhler’s Medizinal-Pflanzen, Public domain, via Wikimedia Commons)

Tale specie è un emicriptofita scaposa con fusto prostrato o ascendente, il quale se inciso produce un lattice bianco che a contatto con l’atmosfera imbrunisce. Le foglie basali sono pennate e lobate in 5 segmenti, mentre le foglie cauline si presentano di dimensioni ridotte, sessili e trilobate. Le infiorescenze sono piccole ombrelle apicali composte di 2-6 fiori con 4 petali gialli sottesi da due sepali caduchi, l’antesi si verifica nei mesi che vanno da aprile ad ottobre. Il frutto consiste di una capsula lineare portante semi reniformi lucidi e di piccole dimensioni. Quest’ultimi sono dotati di una porzione polposa che favorisce la mirmecoria. L’habitat prediletti di questa specie e di tipo ruderale, infatti è possibile rinvenirla nei pressi dei fossati, lungo le strade e perfino sui muri.  Come nelle altre papaveraceae anche questa specie risulta un’entità tossica officinale, infatti in passato veniva utilizzata contro protozoi e parassiti nonché per il trattamento di porri, inoltre sono presenti principi attivi affini a quelli dell’oppio. Tale specie inoltre attirò l’attenzione degli alchimisti che consideravano l’estratto come parte essenziale nella produzione della pietra filosofale.

GENERE Fumaria

                                       

Fumaria officinalis L.

Nel Genere Fumaria si riscontrano specie come Fumaria officinalis L., in cui è possibile osservare caratteristiche morfologiche che si discostano da quelle presenti nei generi precedentemente descritti. La specie si presenta come una terofita scaposa con radice fittonante e fusti ramificati. Le foglie risultano essere pennatosette in cui ogni fogliolina risulta essere incisa una o due volte. I fiori sono riuniti in racemi terminali opposti alle foglie portanti fino a 30 fiori di forma irregolare. Essi possiedono 4 petali di cui i 2 più interni oblunghi e connati all’apice, tra gli esterni quello superiore porta uno sperone. Il sistema riproduttivo consta di due stami ed un unico stilo portante due stigmi laterali. I frutti sono piccoli acheni portanti un singolo seme. L’antesi si verifica tra marzo e ottobre, la specie viene considerata come paleotemperata e si instaura in contesti altimetrici varianti da 0 a 1600 metri.

La pianta possiede proprietà tossiche e mediche particolari, risulta infatti utile in caso di dermatiti o eczemi, inoltre svolge un effetto vermifugo ed antinfiammatorio, tuttavia contiene numerosi alcaloidi secondari potenzialmente tossici.

GENERE Corydalis

Altro genere in cui i fiori non sono tipicamente attinomorfi è il genere Corydalis, al cui interno si trova la specie Corydalis cava L.

 

Si tratta di una pianta erbacea perenne con radice bulbosa fascicolata cava. Le foglie basali sono tre volte ternate mentre le cauline sono doppiamente tripennatosette. Le infiorescenze si compongono di racemi con 6-20 fiori ermafroditi zigomorfi portanti brattee fogliari. Il fiore si compone di due sepali, precocemente caduchi e di aspetto petaloide, e di 4 petali rosati in cui il superiore si prolunga in uno sperone. L’androceo si compone di 2 stami portanti 3 antere ciascuno mentre il gineceo presenta uno stilo con una stimma piano disposto a disco portante ad un ovario uniloculare supero. Il frutto è una capsula siliquiforme con deiscenza in due valve, contenente numerosi semi neri dotati di eleosoma, il quale favorisce la mirmecoria.

Tale specie si trova diffusa nel sottobosco delle foreste di latifoglie, specialmente in farnia e carpino in un range altitudinale che va da 0 a 1000 metri. Dal punto di vista corologico viene considerata come europea- caucasica.

Rientra nelle piante tossiche officinali in quanto si tratta di una specie allucinogena, antibatterica, antisettica, antispasmodica, sedativa, calmante del dolore. Per le sue qualità sedative del sistema nervoso viene utilizzata nel trattamento della malattia di Parkynson.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche, gli usi alimurgici e fitoterapici sono riportati a mero scopo informativo, decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo.